Luca adora raccontare storie e quando i nostri ospiti ci chiedono: “Dove posso comprare del vino?” devo fermarlo perchè non si limita a dare indicazioni geografiche ma…
Vi racconto una storia…
Torniamo indietro di quasi mille anni, è il 10 maggio dell’anno del signore 1090.
Quel giorno, come si legge nel contratto del notaro Bellundo, Rodolfino del fu Ardimanno e Vinizio del fu Sichelmo pagarono all’abate Rolando due capponi, tre pani e sei denari lucchesi di buon argento per l’affitto annuale di una vigna nella valle divina, a Dieulele.
Così l’uomo comincio’ col fare Dieulele, la valle divina, poi fece Dio Vole, finché Dievole, in una rara simbiosi, finì col fare l’uomo.
L’abbandono delle campagne
Già, con la storia si va lontano e si immaginano costumi e parlate di epoche remote, ma la realtà non sempre segue i corsi più facili. Ed allora la storia di Dievole si interruppe a metà del secolo scorso, con l’abbandono delle campagne finché un giovane di soli 20 anni, Mario Felice Schwenn, detto Mario di Dievole, ne diventa il custode.
Rimettere le radici
Il futuro della tenuta è quasi perduto, quindi lo reinventa, ma la regola d’oro è una sola: lasciar la terra meglio di come la si è trovata.
Così aiuta le famiglie contadine native di Dievole a rimettervi le loro radici.
Insieme i maestri di vigna rigenerano novantasei ettari di vigneto, tornando ai vecchi vitigni autoctoni: Malvasia del Chianti, Moscato bianco, Trebbiano toscano, Aleatico, Ancellotta, Barsaglina, Canaiolo Nero, Ciliegiolo, Colorino, Foglia Tonda, Malvasia nera, Mammolo, Montepulciano, Prugnolo gentile, Sangiovese.
Così nasce il Progetto Fidelio: 15 varietà storiche chiantigiane, 15 filari piantati come raggi di un cerchio nel cui zenith si erge a sentinella un cipresso, guardiano della biodiversità di questo territorio.
Mescolare le zolle alle nuvole
Ma in Toscana esser contadino non vuol dire soltanto saper vangare, zappare, arare, seminare, potare, mietere, vendemmiare: vuol dire sopra tutto saper mescolare le zolle alle nuvole e far tutt’una cosa del cielo e della terra... (cfr. C.Malaparte Maledetti Toscani)
Tramandare il mestiere del proprio padre e tenere alto il suo nome e’ ancora oggi un importante onore di famiglia per chi lavora nella valle divina.
Ancora oggi capita, come mille anni fa, di essere chiamati con il nome del proprio padre, come nel 1090: Rodolfo del fu Ardimanno e Vinizio del fu Sichelmo.
Il cielo negli occhi e l’inferno in bocca
E se andate a Dievole non dimenticate di visitare la sala dei maestri di vigna, volti in bianco e nero senza tempo, visi segnati da rughe profonde e sguardi luminosi, così vivi, così fieri, perché , come dice Curzio Malaparte: i toscani, guardateli, portano il cielo negli occhi e l’inferno in bocca .
Ma in nessun luogo, dirò, il cielo è così vicino alla terra come in Toscana: e lo ritrovi nelle foglie, nell’erba, nell’occhio dei bovi e dei bambini, nella fronte liscia delle ragazze.
Uno specchio il cielo toscano, così vicino che lo appanni col fiato.
© photo Mario Felice Schwenn