” Io ho sognato il sogno di voi. È stato un sogno dolce, finché è durato.”
C’è un posto in Val di Merse, in provincia di Siena, che rievoca leggende di cavalieri e di spade nella roccia.
Che il mito bretone sia nato qui?
A nessuno è dato dirlo ma in una valle isolata tra le colline Metallifere, si trovano un’antica e grandiosa Abbazia cistercense, ormai sconsacrata e in parte diroccata, e poco più in alto, una piccola cappella di forma circolare al cui interno sporge uno sperone di roccia con incastonata la spada nella roccia di San Galgano.
Il richiamo a Re Artù è immediato e fa pensare ad una somiglianza non casuale.
Ma andiamo per ordine
Galgano era un giovane cavaliere, nato nel 1147 a pochi chilometri da Siena. La leggenda narra che una notte apparve a Galgano l’Arcangelo Michele che lo guidò, attraverso uno stretto ed impervio sentiero, fino alla collina di Montesiepi.
Galgano interpretò questa visione come un segno del volere divino, abbandonò la veste di cavaliere e infisse la sua spada in una roccia, in modo da farne una croce.
Quella spada è ancora lì, da più di ottocento anni, come simbolo di una incorruttibile conversione.
Una leggenda nata in Toscana?
C’è quindi la possibilità che il mito della spada nella roccia, famoso per essere legato alla saga bretone di Re Artù, sia nato in realtà proprio in Toscana e da qui esportato in Francia?
In effetti proprio i cistercensi furono i propagatori più assidui della leggenda arturiana; resta da scoprire se quei monaci abbiano ‘imposto’ alla Toscana l’eco delle mitiche azioni di Artù, e se quindi il gesto compiuto da Galgano volesse emulare quello arturiano, ripetuto seppur all’inverso, o se, piuttosto, non abbiano essi trasferito in Bretagna un’immagine nata sulle sponde del Tirreno, in piena Toscana.
Il mistero per ora rimane
Ed in fondo è meglio così; ma resta il fatto che almeno in Europa, che io sappia, esiste una sola spada nella roccia, ed è a circa quaranta chilometri da Siena. (tratto da “Slowtuscany” La Toscana raccontata da Damiano Andreini)
Ma le sorprese non sono finite
La grande Abbazia ci riserva, con la sua Geometria Sacra, altre misteriose curiosità sia “musicali” che “egizie” e parla ancora di Sacro Graal.
Cerchiamo di capire meglio facendoci aiutare dallo studioso Alfonso Rubino: La Geometria Sacra tende a inserire l’uomo in un sistema di ritmi e armonie affini a quelli naturali. Se l’uomo vive e sperimenta correttamente gli stimoli prodotti dall’osservazione dei Simboli Geometrici Sacri potrà sostenere l’armonia con se stesso accordandola con l’armonia della creazione.
Forme simbolo e segreti codici geometrici
I monaci cistercensi avevano sviluppato una straordinaria conoscenza sul potere evocatore delle forme simbolo che venivano costruite utilizzando precisi codici geometrici, tenuti rigorosamente segreti.
Alla base dei modelli antichi, anche greci, sono spesso presenti due forme elementari:
a – il rettangolo 1-2 (doppio quadrato)
b – il Triangolo Sacro 3-4-5
L’interasse delle navate tiene conto della dinamica geometrica generata da un percorso ideale seguito dal pellegrino che entra dalla porta di ingresso della Cattedrale e prosegue verso l’Altare maggiore.
Dove si creano incroci nello stesso punto di tre allineamenti si evidenziano linee privilegiate da tenere in considerazione rendendole manifeste attraverso precisi elementi architettonici.
I cistercensi usavano queste conoscenze soprattutto nell’architettura delle loro Abbazie.
Infatti la Geometria segreta dell’Abbazia di San Galgano non è una caratteristica unica al mondo ma c’è un’altra chiesa, la Cattedrale di Chartres (scusate se scomodiamo soltanto una delle chiesa più importanti della Francia), con caratteristiche simili a quelle (che aveva) San Galgano.
Anche qui i maestri costruttori conoscevano tutti i rapporti dell’ottava musicale (le 7 note per noi comuni mortali) detta Scala diatonica naturale applicandola alla geometria costruttiva della chiesa. Osservando la sezione longitudinale dell’Abbazia di San Galgano si vede che anche qui è presente il rettangolo 2 per 7 dipinto della Tomba Egizia di Meryatum.
Quindi i monaci Cistercensi erano a conoscenza dei canoni armonici geometrici dell’antico Egitto?
I codici erano pervenuti a loro forse, proprio come sostiene la leggenda, dai documenti che i Templari avevano portato in Europa da Gerusalemme.
Luci mistiche e simboli templari
Una Croce dipinta in rosso accanto a una conchiglia scolpita, la Triplice Cinta, il Nodo di Salomone, il Fiore della Vita, i rosoni a 12 e 16 cerchi, sono solo alcuni dei simboli che legano indissolubilmente la costruzione di San Galgano all’ordine dei Cavalieri del Tempio.
Ma adesso basta con i tecnicismi
Siete mai stati a San Galgano? Provate l’emozione di notte.
Entrando verrete naturalmente sospinti verso l’altare maggiore e vi ritroverete al tempo di Re Artù, ops scusate di San Galgano (o Galvano?), all’epoca meravigliosa di quegli uomini che la sera tornando a casa dicevano alla loro donna:
“Siamo dovuti andare in cerca di avventure perchè non riuscivamo più a viverle nei nostri cuori”