Il pane è per me e Luca un elemento insostituibile, un retaggio dei tempi andati quando in campagna sicuramente non mancava mai la farina per fare il pane.
La terapia del pane con noi funziona, se sei stressato ti ridimensioni, se sei teso, dopo il primo giro ti si rilassano le spalle.
Così, la mattina quando cuociamo il pane per la colazione nel nostro forno, il profumo che invade le stanze della locanda, ci aiuta a recuperare il senso del tempo, la lentezza, l’attesa.
Ma la terapia del pane crea dipendenza, effetti collaterali (con noi ben visibili!?!), nuove follie e qualche ricordo: immediatamente mi viene in mente la merenda perfetta.
Ai tempi di nonna Annita l’ora della merenda era il rito della fetta di pane con…..una pratica anacronistica e dimenticata, soppiantata dalle moderne merendine confezionate.
La domanda era sempre invariabilmente la stessa: che ci vuoi col pane?
Luca ha sempre mangiato pane il pomeriggio: nel tardo autunno era pane strusciato con l’aglio e un generoso giro d’olio, con le fette leggermente tostate.
L’olio d’oliva gocciola da tutte le parti, anche su disegni e compiti, se proprio lo volete sapere.
Quando nonna Annita invece voleva coccolarlo con qualcosa di dolce, solitamente era pane e burro con una spolverata di zucchero o uno strato spesso di miele dorato e appiccicoso. Verso la fine dell’estate arrivava il tempo dei pomodorini maturi, strusciati (o meglio “strofinati”) sul pane con sale, origano e sempre tanto olio. Una merenda fresca e fruttata, specialmente quando i pomodori venivano direttamente dall’orto, ancora caldi di sole estivo.
Queste erano le nostre merende abituali, ma quella preferita da Luca era pane vino e zucchero, il cosiddetto “pane di monsignore”, oppure, udite udite, un bicchiere di vino zuccherato, nel quale tuffare o meglio “tufare” la solita fetta di pane. Il “vino fa sangue”, dicevano, e un bicchiere di vino si dava, ogni tanto, anche ai ragazzi.
Quasi impensabile adesso, i genitori sarebbero perseguibili per legge! Pensate che l’Annita usava il vino bianco per disinfettare le ferite o meglio “le sbucciature” sulle ginocchia di Luca.
L’ultima immagine che ho è legata al come il pane veniva tagliato.
Scordatevi taglieri e tavola, si metteva un canovaccio o un tovagliolo sulla spalla, si appoggiava il pane sopra e si tagliavano fette più o meno spesse facendo scorrere il coltello verso il petto.
Dai racconti di Luca riesco a vedere nonna Annita che taglia il pane, una fetta bella grossa, e poi incide la corteccia per fare tante pecorine, poi avvolte nel prosciutto crudo.
Chiamatela merenda, chiamatela antipasto, per noi quello era un dolcissimo gesto d’amore di una nonna che rendeva il pane a misura di bambino.
Queste sono per noi le merende perfette, troppo semplici? si, semplicissime, rapide, sicuramente più salutari rispetto alle merendine commerciali e troppo buone; per noi hanno il profumo di tante cose, anche quello delle coccole infinite che ci regalavano da piccoli….
Per questo abbiamo deciso di riproporne alcune nella nostra colazione.