Era il 1309 quando a Siena, per la prima volta nella storia, le leggi che regolavano la vita pubblica vennero rese comprensibili anche a chi non conosceva il latino.
Lo splendore del Medioevo
Questo è il nostro modo per raccontarvi Siena con l’orgoglio di essere eredi di quella Repubblica che ai primi del ‘300 scrisse una delle pagine più belle della storia della civiltà europea.
Perché a Siena il Medioevo non fu mai periodo buio ma splendore ancora vivo di tutta la città.
Ne è testimonianza, la rubrica che ordina “di fare scrivere, a l’expese del Comune di Siena, uno statuto del Comune, di nuovo in volgare di lettera grossa, bene leggibile et bene formata, in buone carte pecorine […] el quale statuto sia et stare debia legato ne la Biccherna, acciocché le povare persone et altre persone che non sanno grammatica, et li altri, e’ quali vorranno, possano esso vedere et copia inde trarre et avere a loro volontà” (D. I, rub. 134)
Così vede la luce il Costituto Senese
La copia sarebbe stata esposta al pubblico e doveva quindi essere scritta in chiare e leggibili lettere, e doveva essere “legata”, cioè fissato ad una catena di ferro che ne impedisse il furto e la manomissione.
Nasceva così una sorta di “Costituzione” ante litteram che per la prima volta veniva scritta in una lingua accessibile ad un pubblico ampio, nell’intento che ogni cittadino sentisse ancor più sua la “cosa pubblica”.
La lingua del sì
Il Costituto senese è il primo testo ufficiale per l’epoca scritto in volgare, nella lingua “dove il sì suona” (così la definì Dante) e questo ha meritato a Siena l’appellativo di “Città del sì”.
Rappresenta un atto di democrazia senza precedenti che sottolinea come il bene comune passa da un insieme di norme che regolano diritti e doveri di ogni individuo.
Racconta la modernità di una città che visse il suo massimo splendore proprio nel Medioevo quando per dimensioni e popolazione era una delle 10 metropoli più grandi d’Europa.
Siena era all’avanguardia in molti campi, come in quello artistico (basti pensare alle scuole pittoriche di Duccio di Buoninsegna, di Simone Martini, dei fratelli Lorenzetti), in quello culturale (è senese una delle più antiche università italiane), in quello economico (il medioevo a Siena fu segnato da una classe di moderni mercanti-banchieri).
Accanto ai monumentali edifici gotici che ancora oggi raccontano il volto medioevale di Siena, il Costituto Senese diventa esso stesso monumento e modello. Un modello che di lì a poco verrà preso ad esempio da altre municipalità e che ancora oggi offre agli studiosi numerose tematiche di approfondimento e ricerca.
Un modello ancora attuale
Chi governa – si legge nel Costituto del 1309 – deve avere a cuore “massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini” .
Il linguaggio della bellezza
E proprio usando il linguaggio della bellezza tra il 1337 e il 1339 Ambrogio Lorenzetti traduce in immagini il Costituto senese, lasciandoci una suggestiva interpretazione del tema del bene comune.
Sulle pareti della Sala dei Nove (che all’epoca governavano la città), Lorenzetti ha rappresentato la grande alternativa posta di fronte ad ogni convivenza umana, l’opposizione drammatica tra la ricerca del bene proprio – origine di ogni violenza – e la tensione al bene comune, che mentre realizza una convivenza armonica, salva l’io, conservandone le dimensioni proprie, non riconducibili ad un piccolo possesso, sproporzionato al suo animo.
L’effetto è un mondo più bello, una città e una campagna – come sono ancora quelle senesi, proprio per questa eredità – sulle quali si è stampata l’armonia di un’epoca.
COR MAGIS TIBI SENA PANDIT (Ancor più – della porta – Siena ti apre il suo cuore) così vi accoglierà Siena arrivando da Nord
Benvenuti nelle città della grande bellezza
Ogni epoca agogna un mondo più bello, scriveva il grande storico Huizinga. Nella Sala dei Nove la Repubblica Senese ha dipinto il suo ideale di vita comune.
Giudicare un’epoca è giudicare il suo ideale, magari mille volte tradito.
Un uomo è ciò che desidera
Un uomo, un popolo non è ciò che riesce a realizzare – in questo entrano in scena fattori non determinabili dalla volontà – ma ciò che desidera, ciò che costituisce il movente di ogni pensiero e di ogni azione.
E il re disse: “Ora prendi la mia spada, tu che hai fatto divampare il fuoco, perchè questo è il modo dei Cristiani, la tempra del guerriero come del prete: lanciare i propri cuori oltre le certezze per guadagnare quello che il cuore desidera.” G.K. Chesterton – La Ballata del Cavallo Bianco